Palazzo Viti, Palazzo Inghirami (Volterra) / Vaghe stelle dell’Orsa (aka Sandra, 1965, Luchino Visconti)

Luoghi di celluloide

A cura di Eleonora Guzzo Architetto

“Vaghe stelle dell’Orsa… è stato forse il più laborioso dei miei film…” 

avrebbe dichiarato LUCHINO VISCONTI dopo l’uscita di Vaghe Stelle dell’Orsa, Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1965.

La prima idea del progetto venne sviluppata durante un soggiorno a Castiglioncello. Qui Visconti, Suso Cecchi D’Amico ed Enrico Medioli iniziarono a buttar giù il canovaccio della sceneggiatura, una storia in cui a Claudia Cardinale sarebbe stato affidato un personaggio quasi antitetico rispetto a quello di Angelica, interpretato quattro anni prima ne Il Gattopardo.

Luchino Visconti in Vaghe stelle dell'Orsa... (1965)Annie Girardot and Luchino Visconti in Vaghe stelle dell'Orsa... (1965)Claudia Cardinale, Jean Sorel, and Luchino Visconti at an event for Vaghe stelle dell'Orsa... (1965)13307379_1286007401427269_7161612499308452678_n

Punto di riferimento del regista e degli sceneggiatori diventa la mitica figura di Elettra. La sceneggiatura finale racconta di una vicenda cupa e violenta, consumata negli odi di una famiglia in disgregazione, dove viene affrontato uno degli ultimi tabù della società, l’incesto.

Claudia Cardinale in Vaghe stelle dell'Orsa... (1965)Claudia Cardinale, Michael Craig, and Jean Sorel in Vaghe stelle dell'Orsa... (1965)

Protagonisti della della pellicola, girata dal 26 agosto al 18 ottobre del 1964, oltre…

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Cartolina da Volterra

Cara Silvana, Per scrivere di te, anche solo per un biglietto d’auguri, ci vorrebbero parole giuste.

Ci vorrebbe soprattutto la giusta misura delle parole.
Parole senza un suono ma adeguate alla carta, cosa che tu sai fare magistralmente, tenendo incollati i lettori fino all’ultima riga dei tuoi romanzi.
Parole con il suono e la forza della tua voce, della tua immagine. Parole dense di forza, di intelligenza e di ironia.
Quelle parole che sostengono, che fanno di te non solo una scrittrice, un medico, una donna. 

Tu sei. Tu sei attraverso le tue parole, i tuoi occhi blu che bucano quello schermo che ti fa entrare nelle vite di chi ti ascolta.


Se non avessi salito le curve di Volterra gravide di fatica non ti avrei incontrato, tanti anni fa.
E salire a Volterra per vederti in una ventosa sera di settembre fu luce nella tetra città etrusca. 

Tu eri lì, seduta ad un tavolo ingombro di libri. Dopo una grigia presentazione ti sei alzata e hai parlato per un’ora, in piedi, senza far cadere l’attenzione, illuminando la sala con la generosa luce dei tuoi occhi. 

Erano altri tempi. Parlavi di Fiabe e poemi epici. 

Molto dopo ti sono stata epigona nel dire, la mattina presto al freddo, ai miei studenti: “Buongiorno guerrieri, come state?”. Una frase diventata storica, nelle lezioni on line di questa buffa prof di Restauro.

Il mio vero percorso è cominciato lì, dal tuo esempio. 


Cara Silvana mi affidano l’onore di presentare questa raccolta di auguri per te. 

Posso solo esprimere, in una cartolina dalla città da cui è nato il mio affetto per te e la passione per il fantasy, il ricordo che porto stretto, con le tue parole: siate guerrieri, armati di coraggio e di rosario da combattimento. 

E la forza che tu magistralmente sai far ritrovare nel profondo, per tornare l’essere di luce che tutti abbiamo dentro. Con le tue parole.

Alessandra 

Volterra, 15 giugno 2022

SOGNI DI PIETRA PERFORMANCE SONORA

PERFORMANCE SONORA

TAS – Tecnologie delle arti sonore

SOGNI DI PIETRA 1 – V.O.I. 1991 – 1993 Alessandra Angeloni – Daniele Calò PERFORMANCE SONORA TAS _ Tecnologie della Arti Sonore Prato Museo Pecci 1993

SOGNI DI PIETRA 2 – 23 S EA 1993 Alessandra Angeloni – Daniele Calò PERFORMANCE SONORA TAS _ Tecnologie delle Arti Sonore Spazio Conteiner Firenze 1993

SOGNI DI PIETRA 3 S S 33 1990 Alessandra Angeloni PERFORMANCE SONORA TAS_ Tecnologie Delle Arti Sonore Spazio Conteiner Firenze

SOGNI DI PIETRA 4 – CAMUNIA 1990 Daniele Calò PERFORMANCE SONORA TAS_Tecnologie delle Arti Sonore Spazio Conteiner Firenze

ARCHITETTURA DI PAROLE 2022

III° Edizione “Architettura di Parole” 2022

https://www.architettiarezzo.it/iii-edizione-architettura-di-parole-2022/

Con la Cerimonia di Premiazione tenutasi lo scorso 30 settembre si è conclusa la 3a Edizione del Concorso di scrittura “Architettura di Parole”, si rendono pubblici di seguito i risultati, con la classifica finale dei 3 vincitori e la lista in ordine alfabetico delle restanti 7 opere finaliste, che, come previsto dal regolamento, entreranno a far parte della Fondazione Archivio Diaristico Nazionale.

Classifica:

  1. Il vuoto che resta” di Valentina Gili;
  2. “Il tempo dei paesi vuoti” di Elizaveta Proca;
  3. “Sogni di Pietra” di Alessandra Angeloni.

https://youtu.be/cNmew1lx81w

SOGNI DI PIETRA

di Alessandra Angeloni

 

CARTOLINA DA GERUSALEMME

Esco a passi rapidi verso la porta di Damasco e mi fermo.
No, non sono io a fermarmi, è il sapore di un desiderio vissuto: sono sola a Gerusalemme.
E’ lo stupore di essere a Gerusalemme che mi ha fermato, chiedendomi subito conto di ognuno dei miei passi, di ogni mio respiro, di tutti i miei pensieri.
Sono sola a Gerusalemme.
Sola.

Non io sono ferma in mezzo alla strada, è la strada che ha fermato i miei passi.
Rimango ferma e sento che tutto è vivo, la stoffa della mia camicia che mi accarezza la pelle – non mi ero mai accorta che lei mi accarezzava così.
Le pietre troppo lisce della città accolgono il mio peso per il tempo del mio passare.
Amo le pietre delle strade di Gerusalemme, perché ad ogni passo mi insegnano il rispetto e l’attenzione per ognuna di loro.

Dunque sono sola e non sono sola perché i piedi si compiacciono della pietra.

Piano alzo gli occhi dalla strada e vedo altri profumi densi di stupore. E luce e aria tersa.
Lo stupore diventa una lente e mi vedo piccola, con la camicia bianca, seduta sulla mia valigia rossa.

C’è solo questo, e un tappeto di pietre da attraversare.
Oggi voglio affondare con calma ogni mia lacrima nelle pietre di Gerusalemme.

Di solito a Gerusalemme si cammina a passo spedito. Sempre, in questo clima di desiderio.
Trascino la valigia rossa fino al Santo Sepolcro, voglio abbracciare il pavimento.

Si, il pavimento. Voglio abbracciare il pavimento a faccia in giù come fanno i preti quando vengono consacrati.
Quante pietre copre il mio corpo, questo voglio sentire, insieme all’odore di polvere e di passi della chiesa più trasandata della terra.

 

Arrivo al mio posto tra due colonne del transetto della Vergine e mi siedo accarezzando tutte le croci che ci sono incise.

Una luce si apre dietro alla porta, lasciando intravvedere un ritaglio di blù, la corte del convento greco ortodosso. Il vecchio Pantaleo mi abbraccia forte, e sento l’odore della tonaca lisa e sporca, l’odore di Santo Sepolcro, di pietre e polvere, di incenso e ambra.
A sera riesco a sdraiarmi a faccia in giù davanti al Calvario, mentre i monaci passano la scaletta dentro il portone che viene chiuso dagli arabi per la notte.
Quando mi alzo il mio cuore ha la forma della Stella a dodici punte che sta sul luogo del martirio, o almeno mi piace pensarlo. Mi piace non pensare nel Sepolcro.
Temo di essermi addormentata appoggiata a un capitello bizantino a cesto talmente grande da non poter essere contenuto nella mia immaginazione, prima di averlo visto. Il muezzin sta intonando la preghiera delle quattro e mi accarezza il cuore con le mille declinazioni dell’amore per Dio. Tra poco incominceranno i greci, poi gli armeni, poi i latini.

 

Scendo al Sepolcro immerso nel buio.

Attendo la luce dell’alba che scende a raggi dall’alto della cupola e il momento di andare.
I miei passi sono leggeri, di nuovo veloci lungo la strada di pietre lucide.
La vita scorre a Gerusalemme e nelle mie vene.

Finalmente porto a casa la valigia rossa, l’appoggio sull’armadio senza aprirla.

La tua valigia blu è il legame più forte che c’è tra noi.
L’ho guardata spesso appoggiata sull’armadio, chiusa. La valigia che mi hai prestato qualche volta e di cui adesso non ho più bisogno perché ne ho una rossa, chiusa su un armadio a Gerusalemme.
E la mia mente tira una linea precisa tra due punti sul mondo in cui stanno due valige e penso che quella che le separa è la distanza giusta.
Come l’amore tra noi è la misura giusta, ne più ne meno, dell’amore.

 

LA CATTEDRALE DEL SUK

      L’edificio più rappresentativo della cristianità rimane un modello unico di monumento che è anche “reliquia” di se stesso; un luogo compresso nel bazar di Gerusalemme, tra profumi di candele di fritto ed oggetti improbabili. Il progetto crociato si inserisce esattamente nel contesto architettonico esistente conservandone il più possibile l’impianto e parti di muratura. Il tutto elegantemente risolto in un suggestivo disegno unitario fatto di complesse sovrapposizioni, non sempre di chiara lettura compositiva, con evidenti, quasi imbarazzanti, contraddizioni costruttive.

La giusta misura delle cose, questo ho imparato attraversando il caos della Basilica della Resurrezione.
Ho imparato a misurare tutto ciò che ancora dovevo imparare, quando intere città e centinaia di pietre erano passate attraverso me e i miei occhi. Il mio cuore ha imparato a misurare.

 

Postfazione

“Conviene organizzare il futuro con entusiasmo.

Ma per fare questo è necessario salvare il passato.

La storia è fatta di Sogni avvenuti.”

L. Borges

    Questa frase di Borges, riassume la mia esistenza, insieme ad un libricino che mi trovò e mi cambiò la vita: “Pietre che cantano” di Marius Schneider.

Credo che in quegli anni in cui si cerca una dimensione dell’essere io abbia capito che potevo essere musicista, architetto e archeologa in un unico atto di creatività: l’ascolto, la misura e l’interpretazione del silenzio delle pietre.

     Ho affondato le mie mani sulla pietra e ne ho tratto suono. Ho accordato gli strumenti che erano in quel libricino, esercitandomi nella misura dell’opera dell’uomo, e nella misura del tempo inteso come altezza del suono.

     “Sogni di Pietra” sono storie narrate dalle pietre che ho incontrato nella mia vita, quei “sogni avvenuti” che ho cercato di interpretare dai “relitti” di materia antropizzata.
Così nasce la definizione, da me creata nella mia tesi di laurea in architettura, di “sogni di pietra”, per indicare i ruderi a cui dare una dignità attraverso la ricerca petrografica, geomatica e archeologica.

Dar “voce” alle pietre, significa far emergere una storia “parallela”, non deducibile dai criteri culturali della nostra epoca ma “gridata” da capitelli e sculture, dando vita a dei sogni antichi.

Ho studiato sogni fatti di pietra con gli strumenti della scienza e dell’ascolto.
E in qualità di sogni di pietra tutte le mie architetture sono state rigorosamente usate come partiture musicali, che avevano la pretesa di esprimere quell’essenza ormai riducibile a puro suono.
L’immagine superata dal nome, il nome superato dal suono.

Tutte le volte che scavo, che misuro, che “restituisco” i miei rilievi lavoro come ad una partitura musicale, studiando altezze e forme d’onda.

Ma soprattutto, ponendomi ogni volta in ascolto. E cercando tecniche di misura = conoscenza, sempre più raffinate.

Non pongo alla mia ricerca nessun’altro confine se non quello della mia stessa vita.

FOTO1

Gli Archi della Vergine e gli archi del Transetto Crociato Nord. (Foto A. Angeloni)

Colle di Val d’Elsa, 28 giugno 2022