ZA’ATAR
Febbre. Una febbre che mi scuce le membra. Quasi un rantolo il respiro.
Tu sei arrivata col solito sorriso disarmante e la voce incerta hai detto “Dai, stasera resto qui, se vuoi”. Ti ho detto si, ti sei tolta la giacca la sciarpa e sei rimasta li, con il tuo vestito nero corto, fragile e un po’ impacciata. Sono tornato a letto a seguire inquieto i tuoi movimenti, un po’ perché sono abituato a non avere in casa nessuno, un po’ perché sei tu.
Quando sei uscita ti ho guardato da dietro ed eri bellissima come sempre. Ti guardo da dietro perche da davanti ancora non mi riesce, mi imbarazza il tuo sguardo e tu come se lo sapessi eviti di guardarmi fisso negli occhi.
Poi sei tornata, ti sei spogliata e ti sei infilata nel letto, al contatto della tua sottoveste amaranto un brivido mi ha scosso di nuovo. Tu mi hai appoggiato una mano dietro alla nuca come se sapessi che mi sentivo la testa scoppiare, io ho accarezzato la seta della tua pelle e mi sono addormentato.
Samir, anche se non lo sai ho freddo con questa sottoveste sbracciata e sono così stanca. Ma sono qui e forse ti da noia anche la mia mano che ti regge la testa, ma ho bisogno di sentire i tuoi capelli morbidi, il tuo sudore, la tua forma nelle mie mani. Voglio vegliare la tua febbre affinchè finisca, non posso lasciarti solo, anche se forse preferisci esserlo quando stai così male. Ascolterò il tuo respiro per rimanere sveglia.
Tu dormi Haneen, piccola Haneen dalla pelle ambrata e profumata. Mi spaventa sentirti vicina, perché non c’è mai nessuno nel mio letto, ma mi piace sentirti respirare, guardarti dormire.
Chi sei Haneen? Non so niente di te, non so cosa vuoi. E tu non dici niente mai, mi guardi con i tuoi occhi tristi e mi sorridi, e io non riesco a sostenere il tuo sguardo per più di un attimo.
Forse sto delirando.
Ti alzi e dici che vuoi bere e se ne voglio anch’io, dico si e ti guardo di nuovo da dietro, con quella sottoveste che ti fascia le forme e i capelli neri lisci e lucidi lungo la schiena.
Samir ecco l’acqua. Non avevo sete ma tu devi bere e mi sono alzata per te. So che mi stai guardando mente esco dalla stanza e cerco di camminare piano, per non riempire troppo lo spazio.
Torni e ti siedi sul letto, avvolgendo con le braccia le ginocchia con un gesto elegante e misurato, mentre mi guardi bere.
La giusta misura delle cose, questo ho imparato Samir attraverso te.
Ho imparato a misurare tutto ciò che ancora dovevo imparare, quando intere città e centinaia di pietre erano passate attraverso me e i miei occhi.
Il mio cuore ha imparato a misurare dopo aver conosciuto te.
Per questo sono qui. Ancora qui, ogni tanto, e non parlo se non dell’indispensabile.
Non voglio essere amata, mi basta amare. Amare è l’unica scelta possibile per me. Per questo sono qui. Ancora qui. Non chiedo niente, perché questa è la misura dell’amore.
Haneen piccola fata, alzati e non guardarmi, ma fatti guardare. Sei un mistero ma anche un miracolo, proprio per come sei.
Samir mi piace che tu mi dica che sono bella, elegante: tu non sai le tue piccole parole nascoste come rendono felice la giovinezza che mi porto dentro.
Chi sei Samir? Le parole hanno un peso e non vanno sprecate, e questa giusta misura delle parole mi piace. E tu non dici niente mai, ci guardiamo negli occhi solo di sfuggita e anche questa è una misura giusta, una traiettoria che non va sprecata.
Febbre. Una febbre che mi scuce le membra. Quasi un rantolo il respiro.
Mi sveglio e faccio fatica a capire in quale tempo mi trovo.
Sento i suoni e intravvedo la luce della città attraverso la finestra, una città che non è la tua ma è anche tua.
Il mio cuore cerca qualcosa da misurare e senza fretta trova la giusta distanza che lo separa dal tuo.
19 02 2010
Za’atar by Sogni di Pietra
Per l’ascolto: